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Sophie cambiò improvvisamente espressione. «Vela Bianca, hai detto?»
«Sì, è il nome della nostra barca», spiegò Gail. «C'è qualcosa che non va?»
Alec e Sophie si scambiarono un'occhiata, poi sorrisero. «Assolutamente no»,
risposero all'unisono.
«Entrate, vi prego», ci invitò Sophie. «Andiamo a bere un bicchiere di vino sulla
veranda.»
Passammo un paio d'ore parlando di noi e della vita, mentre Gail aiutava Sophie
a preparare un mahi-mahi à la Meniere - un pesce tipico del posto cucinato secondo
una ricetta parigina, cotto lentamente in un dolce vino bianco francese e insaporito
con erbe e spezie dei luogo, in un simbolico connubio di tradizioni culinarie.
Fu una cena superba, accompagnata da un delicato Borgogna bianco servito ben
fresco. Infine, Sophie servì il caffè, preparato macinando i chicchi al momento. Era
un prodotto dell'isola, e aveva un aroma incredibile.
«Allora, come mai avete deciso di stabilirvi proprio in questa parte del mondo?»
domandò Gail, rivolgendosi a Sophie e Alec.
«Guardati intorno», le rispose Sophie. «Qui puoi sentire il profumo dei fiori,
puoi gustare la frutta che cresce spontaneamente, puoi ammirare la bellezza del mare
e delle montagne, e milioni di stelle la notte. Esistono tanti bei posti al mondo, ma ci
vuole l'attitudine giusta per saperli apprezzare. Noi non ci riuscivamo, nella nostra
città.»
«Quando vivevamo in Francia», aggiunse Alec, «non avevamo il tempo per
prestare attenzione a tutte queste cose. Eravamo troppo presi dai nostri affari, sempre
di corsa, e il tempo non era mai abbastanza per occuparci di tutte le cose che
ritenevamo importanti. Poi un bel giorno ci siamo resi conto che avevamo fatto la
nostra scelta di vita basandoci soltanto sulle limitate opzioni che ci offriva la città in
cui abitavamo, e sicuramente ce n'erano altre che sarebbero state più adatte a noi, se
solo ci fossimo guardati attorno.»
Si accese un sigaro, dopo avermene educatamente offerto uno, che io rifiutai.
Poi riprese: «Finché fossimo rimasti a Parigi, ci saremmo preclusi ogni possibilità di
trovare una valida alternativa. E così, una notte giungemmo alla conclusione che era
giunto il momento di dire basta, che dovevamo avere il coraggio di correre dei rischi,
se non volevamo che la vita continuasse a scorrerci accanto, e prendemmo una
decisione drastica. Vendemmo tutto quello che avevamo e comprammo due biglietti
di aereo per la Nuova Caledonia. Appena arrivati qui, ci bastò sentire il profumo
dell'aria e dare uno sguardo al verde dell'isola per capire che avevamo fatto la scelta
giusta.»
«Quando è stato?» domandai.
«Dieci anni fa», rispose Alec. «Abbiamo trovato questo angolo di paradiso
grazie a un amico, e ci siamo costruiti noi stessi la nostra casa. Abbiamo comprato
qualche cavallo e cominciato a coltivare un pezzetto di terra per provvedere almeno
in parte al nostro fabbisogno. Potete immaginare che in queste condizioni sia
sufficiente un budget limitato, quindi quello che in Francia avrebbe potuto costituire
un problema dal punto di vista economico, qui è perfettamente fattibile.»
A un tratto sentimmo lo scalpiccio di un cavallo al galoppo fuori della casa.
Pochi istanti dopo un ragazzino di otto o nove anni entrò nella stanza.
Sophie gli disse qualcosa in francese, e lui ci si avvicinò sorridendo.
«Bonsoir, madame. Bonsoir, monsieur», ci salutò compitamente, poi corse in
cucina.
Gail e io guardammo sorpresi i nostri nuovi amici.
«Vostro figlio?»
«Sì», disse Alec. «Si chiama François. È nato qui sull'isola.»
«Ma questo non è un problema, per voi?» domandò Gail. «Voglio dire, la
scuola, la sicurezza...»
Sophie sorrise. «Gail, questo è un mondo semplice, e tante cose che altrove
potrebbero essere complicate, qui non lo sono. C'è una piccola scuola in un villaggio
raggiungibile a cavallo in dieci minuti. Noi usiamo la jeep solo per andare in città,
altrimenti ci spostiamo a cavallo: è più semplice e non inquina la foresta. Quello che
François non impara a scuola del suo retroterra francese, o qualunque altra cosa
riteniamo sia bene che conosca del mondo da cui veniamo, glielo insegniamo noi.
Qui cresce sano e felice, e ha tanti amici che abitano nei dintorni e frequentano la sua
stessa scuola. E per quel che riguarda la sicurezza, che cosa pensi che possa
accadere? Perché mai qualcuno dovrebbe volergli fare del male? In questi posti, i
bambini sono preziosi, sono il più grande tesoro che qualcuno possa avere, e gli
adulti vigilano su di loro.»
Alec andò alla finestra e guardò la luna che brillava nel cielo. «Quando nostro
figlio sarà più grande lo porteremo in Francia, per fargli conoscere il mondo da dove
veniamo e che ci siamo lasciati alle spalle. Poi starà a lui decidere dove vivere o che
cosa fare. Ma avrà un enorme vantaggio rispetto a molti altri. Lui avrà un'alternativa.
Avrà visto con i propri occhi che esistono dimensioni differenti, e potrà scegliere
quella che sente più affine, invece di limitarsi a vagliare le possibilità che ciascuna di
esse può offrire, come è stato per noi.»
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