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Giovanbattista Marino - La galeria
Ben può moto vivace
dar a la finta imago, al van colore
colei c ha più d un alma, e più d un core.
[9b]
sopra il ritratto della sua donna.
a domenico pasignano
Deh come, o pasignano,
se costei tutta è ghiaccio, e tutta ardore,
o potesti mirarla
senza struggere il core,
o potesti ritrarla 5
senza gelar la mano?
Io dir nol so. So ben, che mentre volgo
a l ombra sol da te segnata il guardo,
(che farìa  l vivo, e  l vero?) agghiaccio, ed ardo.
[9b´]
sopra il ritratto della sua donna.
a domenico pasignano
O memoria gentile
de la mia fiamma amata,
picciola, ma formata
a quella forma angelica simile,
cui non agguaglia stile: 5
felice, e cara stampa,
che  n breve spazio accolto
il sospirato volto
mi rappresenti, e l una e l altra lampa,
onde il mio core avampa: 10
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Letteratura italiana Einaudi
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dolce pegno, e tesoro
di mia solinga vita:
dolcissima mentita
di quel vero, ond io vivo, ed ond io moro,
fede del Ciel ch adoro: 15
leggiadra ombra e sembianza
del Sol, che l altro imbruna,
lasciatami per Luna
ne la mia notte, in vece ed in membranza
de la sua lontananza: 20
s ombra sei, come stai
dal Sol lunge, e divisa?
poi che  n alcuna guisa,
se non quanto del Sol ti dànno i rai,
altra vita non hai. 25
Occhi che mi mirate,
e luce non avete:
labra, che non sciogliete
lingua, accento, né voce, e mi parlate:
ditemi, e come il fate? 30
Imagine e figura
pietosa insieme, e schiva,
sei tu finta, o sei viva?
sei lavoro de l Arte, o di Natura?
sei foco, o sei pittura? 35
S opra sei di Pittore,
com ardi i sensi miei?
Se fiamma ardente sei,
come la tela a sì cocente ardore
non arde, ed arde il core? 40
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Certo, com a sembiante
de l adorata Dea,
ben a te sol devea
l incenso offrir de suoi sospir fumante
un Idolatra amante. 45
Ma dimmi, il tuo modello
in terra o in Ciel fu fatto?
Ritratto, se ritratto
t avesse il mio pensier col suo pennello,
saresti assai più bello. 50
Sì perfetto ed intero
sei tu stampato in esso
ch egli avria forse espresso
anco il parlar, poi ch anco entro il pensiero
mi parla il vivo, e  l vero. 55
Tal che l alma sovente
m appella ingrato, e dice:
 Sciocco quanto infelice,
qual uopo è di ritratto a chi presente
l ha, sempre ne la mente? 60
Ma rispond io:  Conviene
ch abbian pur questi lumi,
che versan tanti fiumi,
sol perché son lontani dal suo bene,
qualch aita a le pene. 65
Un Amante fedele
abbandonato a torto
non ha maggior conforto
contro sospiri, e lagrime, e querele,
che le carte, e le tele. 70
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Intanto io ho del finto
un essemplar verace
che  n parte più tenace
intatto pur, ben che di fiamme cinto,
vivrà sempre dipinto. 75
Perché l originale
chiuso ne l alma avendo,
e l alma nostra essendo
incorrottibil tavola immortale,
rimarrà sempre tale. 80
Dal sonno che t aggrava
déstati, o bella imago;
ch ancor l Idol mio vago,
quand io dolce talor gli ragionava,
volentier m ascoltava. 85
Pagami l onda amara
ond a lavarti io vegno.
Appaghi il tuo disegno
l afflitto cor, che da la vista cara
a consolarse impara. 90
Deh s avessi in balìa
il ver, come ho l essempio,
sì duro e fiero scempio
di questa vita lassa or non faria
la cruda Gelosia. 95
Ma che cheggio il mio danno
ad un lino insensato?
In desir desperato
impossibile gioia, e certo inganno,
soglion crescere affanno. 100
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Qualor ti miro, parmi,
simulacro facondo,
che del mio duol profondo
vogli cortesemente favellarmi,
o almeno ascoltarmi. 105
Dico al mio core allora:
 Oh se le stelle tue
n avesser fatte due,
forse di questo servo che l adora,
una almeno ne fora. 110
Ma di cotai preghiere
súbito poi mi pento,
ché ben ch a mio talento
la vera avessi, io non vorrei vedere
l altra in altrui potere. 115
La cerco indi pian piano
per veder se si cela;
e toccando la tela,
che l effigie ritiene, io stendo invano
sovra l ombra la mano. 120
Ed ella, che  n quel punto
e da me lunge altrove,
tali affetti in me move,
che mi tiene ancor finta arso e consunto
da me stesso disgiunto. 125
Quel picciolo tributo
che di ragion lor tocca,
prendon gli occhi e la bocca,
e da sembiante inanimato e muto
traggon debole aiuto. 130
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Godo insomma e vagheggio
quel che posso, e rapisco;
né però tanto ardisco
ch io mai ti baci, e se baciar ti deggio,
perdón prima ti cheggio. 135
Tu, che lingua non sleghi,
però che ne sei senza,
non vietando licenza
a miei devoti affettuosi preghi,
nulla già mai mi neghi. 140
Così mi si concede
de miei sospiri il frutto.
Così l anima in tutto
(ben che delusa) ottien ciò ch ella chiede,
ciò che brama possiede. 145
Or perché dunque in tanto
con cento baci e mille
non tempro le faville,
che mi stillan per gli occhi eterno pianto,
o labra amate tanto? 150
Ahi qual foco improviso
in te sorge, e s apprende?
Qual repente t accende
rapida fiamma? e sugge del bel viso
il desïato riso? 155
Sì sì, ben riconosco
il grave incendio infetto,
ch io vomito dal petto.
Veggio il fumo ch essala oscuro e fosco
de l amoroso tosco. 160
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Mentr io d un piacer scarso
famelico e digiuno
ti ribacio importuno,
l alito ardente che dal core ho sparso
t ha incenerito ed arso! 165
[9c]
sopra il ritratto della sua donna.
ad ambrogio figino
Or s Aquila non sei,
figin, come potrai
ritrar, mirar del mio bel Sole i rai?
Pur se ritrar vuoi lei,
ch è il Sol degli occhi miei, 5
ritralla allor che dorme, e dirai poi
ch era velato il Sol degli occhi suoi.
[9c´]
sopra il ritratto della sua donna.
ad ambrogio figino
Lasciate Cipro e qua volate Amori,
dove del mio figino il chiaro ingegno
di Dea più bella ombrando alto disegno
prende di Zeusi a superar gli onori.
Parte a la tela, ov ei pinga e colori, 5
faccia de l arco e de la man sostegno.
Parte il pennel gli scelga: e pennel degno
fia la saetta onde piagate i cori.
Altri a la cote, usa a temprar gli strali,
tempri i colori; altri il sembiante altero 10 [ Pobierz całość w formacie PDF ]

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